Non amo i diari di
viaggi o il cosiddetto “graphic journalism”, quando pretendono di essere
fumetti ma non lo sono, perché la sequenza delle immagini, da sola, non è
narrativa ma illustrativa. Invece questo libro di Darkam, al secolo Eugenia
Monti, mi ha rapito, accompagnandomi in mondi a me alieni, come quello della sospensione del
corpo, dei tatuaggi, degli usi e costumi di popoli esotici, molto lontani,
geograficamente e culturalmente. Eugenia ha vissuto intensamente i due viaggi
di tre mesi ciascuno, in Malesia e Indonesia il primo, in Bolivia e Messico il
secondo. Darkam ha disegnato molti sketchbook e poi li ha ordinati, riportando
i dialoghi avuti con il suo compagno, con gli abitanti dei luoghi visitati e
con una sorta di “spiriti guida”, raffigurati come un asino e una scimmia
antropomorfi. Leggendo ci si immedesima nell’autrice, si provano emozioni, si
riflette e non si riesce a smettere, fino alla fine delle 236 tavole del libro.
Poi, per fortuna, ci sono i tempi supplementari, con le 52 pagine dell’albo Frammenti,
che, come da tradizione del Progetto Stigma, era riservato ai preordini. La forza di
questo libro viene da ciò che di suo la Monti ci ha messo, e deve essere molto,
perché sembra che ci sia tutta sé stessa. L’entusiasmo, l’appagamento per aver
trovato ciò che cercava, e poi i dubbi, la messa in discussione delle certezze, il
confronto con realtà diverse dalla nostra, dalla vita regolata,
che l’autrice vive a Berlino. Tutto quanto resta impresso nella mente del
lettore: dalle riflessioni sulla condizione delle donne nei popoli arretrati,
alla difficoltà di reperire cibi vegani, passando per i siparietti, come quello dell’uomo che racconta di aver pagato 150 capre per la seconda moglie. Anche
i disegni hanno il loro fascino, con un effetto “matite non cancellate” che li
rende un po’ sporchi, con le macchie di colori tenui sul bianco e nero di base.
Un libro che mi è entrato nel cuore.
Il libro è pubblicato
da Edizioni Eris, costa 23 euro e si può ordinare sul sito.