Quando uscì lo
storico numero di maggio 2018 di Linus, mi affrettai a controbattere i
giudizi trancianti, dicendo che bisognava aspettare, dare tempo al tempo;
qualcuno, così su due piedi, si limitò a dire: “ha un buon odore” e, in quel
momento, non si poteva giudicare altro. Erano passati pochi mesi tra l’annuncio
e l’effettiva entrata in carica del nuovo direttore, insufficienti ad
approntare una rivista. Poi, immagino che ci saranno stati fumetti già
acquistati, contratti da onorare ed altre eredità della precedente gestione. Ora
che di acqua sotto i ponti ne è passata abbastanza e chi si era seduto sul
bordo del fiume, per vedere passare il cadavere della rivista, è ancora lì che
aspetta, possiamo cominciare ad esaminare “il Linus di Igort”.
Per prima cosa osservo
che attualmente Linus non si rivolge soltanto al pubblico dei lettori di
fumetti, ma anche a chi, nei confronti dei fumetti, ha un interesse più
culturale che artistico, chi sceglie un fumetto in base all’argomento trattato
e non all’autore. Si può parlare di due anime della rivista. La scelta dei
fumetti da pubblicare si basa su vari pilastri: il primo in ordine di
apparizione nel sommario è quello delle strisce, rappresentato dai classici Peanuts
e Calvin e Hobbes, da Perle ai porci ed altre che appaiono
saltuariamente. Poi c’è l’inserto centrale, la vera caratteristica peculiare di
questo Linus: una serie di articoli e fumetti, spesso realizzati per
l’occasione, su un personaggio della cultura, dello spettacolo o dello sport.
Il terzo pilastro è la funzione di anteprima di volumi della Oblomov. Diciamolo
chiaramente: non è una cosa negativa, è utile per chi non conosce una
determinata opera e può decidere se acquistare un libro oppure no, avendone già
letto, in tutto o in parte, il contenuto. Infine, troviamo
altri fumetti provenienti dall’estero o da pubblicazioni varie, che vengono
proposti su Linus, in base ai gusti del direttore. Tutto questo senza
essersi auto imposti il divieto di storie a puntate, ma senza abusarne. (Ci
sono le parti redazionali, ma non le prendo in considerazione in questa
analisi, anche perché, salvo rare eccezioni, non le leggo.)

Aprendo una parentesi, vale la pena
spendere due parole sull’eleganza del contenitore, sulla cura maniacale dei
particolari. Sul dorso piatto della rivista, in basso c’è un simbolo che
rappresenta la stagione; in alto, inizialmente c’erano solo il mese e l’anno
scritti per esteso, in caratteri microscopici, poi è stato aggiunto il numero,
decisamente più grande e leggibile. Nella prima pagina di ogni fumetto, in alto
c’è l’anno in cui l’opera è stata realizzata, nella seconda pagina in basso,
due righe sull’autore; se si tratta di una storia a puntate, non manca un breve
riassunto. Sono tutti piccoli dettagli, magari di poca sostanza, ma che
denotano la grande attenzione prestata nel confezionare la rivista.
Tornando al contenuto, senza dubbio, quanto sopra descritto non è molto armonico; inutile arrampicarsi sugli
specchi per trovare una linea editoriale che leghi tutto ciò che viene
pubblicato da
Linus, perché
non c’è, ci sono i quattro "pilastri"
che procedono ciascuno per conto proprio. Impossibile accontentare tutti e quasi
impossibile che un lettore possa apprezzare tutto quello che c’è in una rivista,
quindi, alla fine, va bene così. Se Igort ha trovato i punti di equilibrio fra
le diverse preferenze dei lettori e riesce a far quadrare costi e ricavi, ha già raggiunto un
primo, fondamentale traguardo. Il
Linus di Igort è una rivista elegante
e sofisticata, ma anche sobria; non va confrontata con il suo stesso passato ma
con il vuoto che ha intorno, oggi come nel 1965.