Viene spontaneo paragonare questo libro con Maus perché entrambi basati sulle testimonianze che gli autori hanno raccolto dai rispettivi padri, ma non è giusto farlo. Vladek Spiegelman era un ebreo polacco chiuso in un campo di sterminio, René Tardi un soldato francese prigioniero di guerra. La prima parte di Maus si chiude con l'ingresso ad Auschwitz, questa prima parte dell'opera di Jaques Tardi termina con l'uscita dallo Stalag II B.
170 pagine grigie, ciascuna rigorosamente composta da tre vignette larghe, con solo qualche macchia di colore rosso. Un lungo racconto in prima persona, quasi un monologo, contrappuntato da qualche battuta del figlio; l'autore che raffigura se stesso adolescente. Un bel libro coinvolgente ed interessante, un libro di storia che a margine della descrizione della quotidianità nel campo di detenzione, racconta tutta la seconda guerra mondiale.
Il diario personale delle mie letture, con semplici commenti, perché non sono in grado di scrivere recensioni.
domenica 23 febbraio 2014
domenica 16 febbraio 2014
Chi si ricorda ... i "titolini" negli albi Bonelli?
Quello che segue è un mio articolo degli anni '90 dedicato a quella sorta di capitoli in cui erano suddivisi gli albi della Bonelli.
Cercheremo qui di analizzare un aspetto del tutto marginale e forse insignificante delle storie a fumetti soffermando la nostra e la vostra attenzione su quei "titolini" che troviamo sparsi negli albi della Sergio Bonelli Editore, scritti in alto nel margine bianco delle pagine e ai quali ormai non facciamo più caso tanto siamo abituati a vederli. Quanti di noi comprando Tex o Zagor non sono mai corsi alle varie pagine indicate nel sommario per vedere se la storia inziata in precedenza finiva lí o si sarebbe dovuto attendere un'altro mese?
L'origine di questi titoli crediamo sia ben nota a tutti, ma vogliamo comunque ricordarla: inizialmente gli albi "giganti" ristampavano le storie già apparse nel formato "striscia" unendo tre strisce in ogni pagina; ovviamente ogni fascicolo raggruppava un buon numero di vecchi albetti, ognuno dei quali aveva un suo proprio titolo che veniva regolarmente riportato nell'albo gigante, magari semplicemente riproducendo filologicamente la prima striscia con il titolo scritto in una didascalia a colonna. Quando poi il vecchio materiale si esaurí e si passò ad una produzione specifica per gli albi giganti che avevano dunque soppiantato le vecchie strisce, in parte questa suddivisione in "capitoli" fu mantenuta, per motivi che poi vedremo, ma il loro numero diminuí da sette/dieci, tanti erano gli albi a striscia ristampati in uno gigante, a tre/quattro. Questi titoli non hanno una funzione narrativa, di fatto dividono la storia in una sorta di capitoli, ma non la interrompono in alcun modo essendo scritti nel margine della pagina, quindi al di fuori della tavola disegnata; spesso coincidono con cambi di scena, magari in corrispondenza di una vignetta quadrupla, ma non sempre questo avviene. Non mancano ovviamente casi particolari di albi effettivamente divisi in capitoli dove la presenza di questi titoli viene sfruttata a fini narrativi, ma sono le immancabili eccezioni a conferma della regola.
Ad insinuare il dubbio che vi fossero motivazioni particolari e sconosciute dietro l'imperversare dei titolini, e quindi a generare il presente intervento, ha contribuito in particolar modo il loro espandersi anche ai nuovi albi della Sergio Bonelli Editore, i quali niente hanno a che vedere con i vecchi personaggi che, avendo avuto una versione a striscia con la successiva ristampa nel formato gigante, magari mantengono i titolini per rispettare una tradizione che tutto sommato non costa niente. E invece anche i nuovi albi hanno i loro bravi titolini, e cosí pure i numeri speciali estivi, restandone "immuni" solo gli almanacchi ed i texoni (e i dylandogoni).
Da qui in poi con la parola "titolini" intenderemo riferirci a tutti quelli che sono elencati nel sommario di ogni albo: quindi avremo i titolini veri e propri che inframmezzano le storie, ma pure i titoli degli albi (quelli riportati anche in copertina) e i titoli delle storie che iniziano all'interno di un albo senza avere la copertina a loro dedicata; tutti questi, vedremo in seguito, hanno motivo di essere accomunati. Negli albi che ormai possiamo chiamare "vecchio stile" bonelliano, ogni storia classicamente a cavallo di tre o più numeri, è giocoforza divisa in capitoli, uno per ogni albo che coinvolge, per cui può valere il dare uniformità ai capitoli aggiungendone altri all'interno. Esempio: se una storia inizia a metà dell'albo numero x, prosegue per tutto il numero x+1 e termina a metà del numero x+2, ha già in partenza tre titoli: quello con cui inizia nel numero x e quelli nelle copertine degli albi x+1 e x+2, solo che questi tre capitoli non sono uniformi e per renderli tali un buon metodo è quello di aggiungerne altri. Quindi la presenza dei titolini è leggermente diversa e, diremmo, più integrata, che non nei "nuovi" albi, autoconclusivi, dove appare ben più strana.
Per trovare una qualche funzione pratica a questi titoli dovremmo ricorrere allo studio dei vari metodi adottati per "tenere il segno" quando siamo costretti ad interrompere la lettura di un albo: nessuno credo utilizzi dei segnalibri quando legge fumetti (tranne forse i libri con molte pagine, ma tutto questo è un altro bel discorso che dovrebbe affrontato in altra occasione) e le vecchie abitudini di piegare un angolo della pagina o di appiattire l'albo aperto sul tavolo pigiando sulla costola sono senz'altro da deprecare. Una possibile soluzione è quella di interrompere la lettura in coincidenza di un titolo senza bisogno di piegare la pagina o altro per ritrovare il punto. Titolini quindi come segnalibri, ma questa forse è solo una strana abitudine di chi scrive. Si potrebbe tentare di analizzare questi titoli per scoprire se sempre anticipano ciò che avverrà nelle pagine successive ed in quali casi tale anticipazione è utile o magari dannosa, ma non è questa la sede poiché l'intenzione è quella di svelare l'arcano. Ed anche perché questi titolini forse non meritano di essere presi in considerazione seriamente più di tanto (ed infatti non lo sono mai stati da parte di alcuno, ad esempio nello stilare cronologie; neppure i numerosi libri o cataloghi dedicati ai personaggi bonelliani li hanno mai inclusi) poiché non sono espressione dell'autore della storia, ma un fatto puramente redazionale. Alla Bonelli infatti tutti i titoli degli albi, non solo quindi i nostri "titolini", ma anche quelli delle copertine (ecco l'elemento che li accomuna), sono decisi in redazione e non, come si potrebbe pensare, dallo sceneggiatore, il quale si limita a suggerire un titolo per la storia che ha scritto, ma poi questo viene quasi sempre cambiato per rispettare varie esigenze; dei titolini viene deciso tutto in redazione: quali mettere e dove. Quindi un'eventuale analisi approfondita è rimandata al futuro, in questa od altra sede.
L'arcano ci è stato a nostra volta svelato dal direttore generale Decio Canzio, il quale spiega che secondo la legge italiana una pubblicazione per poter avere lo status di "periodico" con le conseguenti agevolazioni fiscali, tariffarie postali, ecc. <... non deve essere, diciamo cosí, monografica, bensí deve essere suddivisa in "compartimenti" diversi. Per esempio, un settimanale, tipico periodico, è diviso in "pezzi giornalistici", uno diverso dall'altro.> (citazione testuale dal fax ricevuto da Canzio). Gli albi Bonelli essendo occupati da una sola storia evidentemente rischiano di non rientrare nella suddetta categoria e quindi vengono sezionati con i "titolini" per motivi burocratici. Il ché coincide con la mancanza di titolini nelle storie degli almanacchi, che di per sé sono divisi in sezioni, e nei texoni per i quali valgono come sezioni le parti scritte per introduzione.
Dunque inutile tentare di trovare motivi legati alle storie a fumetti, i "titolini" a cui, noi lettori bonelliani, forse senza rendercene conto siamo affezionati, pur avendo nobili origini, sono adesso ridotti al servizio della burocrazia. Forse un po' di delusione c'è stata, ma fossero tutte qui le delusioni!
Cercheremo qui di analizzare un aspetto del tutto marginale e forse insignificante delle storie a fumetti soffermando la nostra e la vostra attenzione su quei "titolini" che troviamo sparsi negli albi della Sergio Bonelli Editore, scritti in alto nel margine bianco delle pagine e ai quali ormai non facciamo più caso tanto siamo abituati a vederli. Quanti di noi comprando Tex o Zagor non sono mai corsi alle varie pagine indicate nel sommario per vedere se la storia inziata in precedenza finiva lí o si sarebbe dovuto attendere un'altro mese?
L'origine di questi titoli crediamo sia ben nota a tutti, ma vogliamo comunque ricordarla: inizialmente gli albi "giganti" ristampavano le storie già apparse nel formato "striscia" unendo tre strisce in ogni pagina; ovviamente ogni fascicolo raggruppava un buon numero di vecchi albetti, ognuno dei quali aveva un suo proprio titolo che veniva regolarmente riportato nell'albo gigante, magari semplicemente riproducendo filologicamente la prima striscia con il titolo scritto in una didascalia a colonna. Quando poi il vecchio materiale si esaurí e si passò ad una produzione specifica per gli albi giganti che avevano dunque soppiantato le vecchie strisce, in parte questa suddivisione in "capitoli" fu mantenuta, per motivi che poi vedremo, ma il loro numero diminuí da sette/dieci, tanti erano gli albi a striscia ristampati in uno gigante, a tre/quattro. Questi titoli non hanno una funzione narrativa, di fatto dividono la storia in una sorta di capitoli, ma non la interrompono in alcun modo essendo scritti nel margine della pagina, quindi al di fuori della tavola disegnata; spesso coincidono con cambi di scena, magari in corrispondenza di una vignetta quadrupla, ma non sempre questo avviene. Non mancano ovviamente casi particolari di albi effettivamente divisi in capitoli dove la presenza di questi titoli viene sfruttata a fini narrativi, ma sono le immancabili eccezioni a conferma della regola.
Ad insinuare il dubbio che vi fossero motivazioni particolari e sconosciute dietro l'imperversare dei titolini, e quindi a generare il presente intervento, ha contribuito in particolar modo il loro espandersi anche ai nuovi albi della Sergio Bonelli Editore, i quali niente hanno a che vedere con i vecchi personaggi che, avendo avuto una versione a striscia con la successiva ristampa nel formato gigante, magari mantengono i titolini per rispettare una tradizione che tutto sommato non costa niente. E invece anche i nuovi albi hanno i loro bravi titolini, e cosí pure i numeri speciali estivi, restandone "immuni" solo gli almanacchi ed i texoni (e i dylandogoni).
Da qui in poi con la parola "titolini" intenderemo riferirci a tutti quelli che sono elencati nel sommario di ogni albo: quindi avremo i titolini veri e propri che inframmezzano le storie, ma pure i titoli degli albi (quelli riportati anche in copertina) e i titoli delle storie che iniziano all'interno di un albo senza avere la copertina a loro dedicata; tutti questi, vedremo in seguito, hanno motivo di essere accomunati. Negli albi che ormai possiamo chiamare "vecchio stile" bonelliano, ogni storia classicamente a cavallo di tre o più numeri, è giocoforza divisa in capitoli, uno per ogni albo che coinvolge, per cui può valere il dare uniformità ai capitoli aggiungendone altri all'interno. Esempio: se una storia inizia a metà dell'albo numero x, prosegue per tutto il numero x+1 e termina a metà del numero x+2, ha già in partenza tre titoli: quello con cui inizia nel numero x e quelli nelle copertine degli albi x+1 e x+2, solo che questi tre capitoli non sono uniformi e per renderli tali un buon metodo è quello di aggiungerne altri. Quindi la presenza dei titolini è leggermente diversa e, diremmo, più integrata, che non nei "nuovi" albi, autoconclusivi, dove appare ben più strana.
Per trovare una qualche funzione pratica a questi titoli dovremmo ricorrere allo studio dei vari metodi adottati per "tenere il segno" quando siamo costretti ad interrompere la lettura di un albo: nessuno credo utilizzi dei segnalibri quando legge fumetti (tranne forse i libri con molte pagine, ma tutto questo è un altro bel discorso che dovrebbe affrontato in altra occasione) e le vecchie abitudini di piegare un angolo della pagina o di appiattire l'albo aperto sul tavolo pigiando sulla costola sono senz'altro da deprecare. Una possibile soluzione è quella di interrompere la lettura in coincidenza di un titolo senza bisogno di piegare la pagina o altro per ritrovare il punto. Titolini quindi come segnalibri, ma questa forse è solo una strana abitudine di chi scrive. Si potrebbe tentare di analizzare questi titoli per scoprire se sempre anticipano ciò che avverrà nelle pagine successive ed in quali casi tale anticipazione è utile o magari dannosa, ma non è questa la sede poiché l'intenzione è quella di svelare l'arcano. Ed anche perché questi titolini forse non meritano di essere presi in considerazione seriamente più di tanto (ed infatti non lo sono mai stati da parte di alcuno, ad esempio nello stilare cronologie; neppure i numerosi libri o cataloghi dedicati ai personaggi bonelliani li hanno mai inclusi) poiché non sono espressione dell'autore della storia, ma un fatto puramente redazionale. Alla Bonelli infatti tutti i titoli degli albi, non solo quindi i nostri "titolini", ma anche quelli delle copertine (ecco l'elemento che li accomuna), sono decisi in redazione e non, come si potrebbe pensare, dallo sceneggiatore, il quale si limita a suggerire un titolo per la storia che ha scritto, ma poi questo viene quasi sempre cambiato per rispettare varie esigenze; dei titolini viene deciso tutto in redazione: quali mettere e dove. Quindi un'eventuale analisi approfondita è rimandata al futuro, in questa od altra sede.
L'arcano ci è stato a nostra volta svelato dal direttore generale Decio Canzio, il quale spiega che secondo la legge italiana una pubblicazione per poter avere lo status di "periodico" con le conseguenti agevolazioni fiscali, tariffarie postali, ecc. <... non deve essere, diciamo cosí, monografica, bensí deve essere suddivisa in "compartimenti" diversi. Per esempio, un settimanale, tipico periodico, è diviso in "pezzi giornalistici", uno diverso dall'altro.> (citazione testuale dal fax ricevuto da Canzio). Gli albi Bonelli essendo occupati da una sola storia evidentemente rischiano di non rientrare nella suddetta categoria e quindi vengono sezionati con i "titolini" per motivi burocratici. Il ché coincide con la mancanza di titolini nelle storie degli almanacchi, che di per sé sono divisi in sezioni, e nei texoni per i quali valgono come sezioni le parti scritte per introduzione.
Dunque inutile tentare di trovare motivi legati alle storie a fumetti, i "titolini" a cui, noi lettori bonelliani, forse senza rendercene conto siamo affezionati, pur avendo nobili origini, sono adesso ridotti al servizio della burocrazia. Forse un po' di delusione c'è stata, ma fossero tutte qui le delusioni!
Quando Poplite Fumetto era un ospite
Sotto il nome "poplite" hanno preso vita varie realtà, più o meno
effimere, fra cui il presente blog. Negli anni '90 c'era l'idea di una
fanzine ospitata da varie riviste. Ogni numero prendeva la forma di un
breve articolo che veniva spedito a diverse redazioni. Poi se ne perdeva
il controllo tanto che non è da escludere qualche pubblicazione a mia
insaputa. Esistono due serie: la prima "Poplite Fumetti", al plurale e
con le iniziali maiuscole, mi risulta sia apparsa solo due volte su Fumo
di China. La seconda serie, "Poplite Fumetto" al singolare, fu ospitata
da Schizzo, rivista del Centro Fumetto Andrea Pazienza, sotto la direzione da
Massimo Galletti. Questo dovrebbe essere l'elenco completo delle apparizioni di Poplite Fumetto.
Fumo di China n. 5/6, luglio/ottobre 1990, Poplite Fumetti n. 0, presentazione
Fumo di China n. 8, gennaio 1991, Poplite Fumetti n. 5, Comunicato stampa mostra "Gian Luigi Bonelli dal romanzo a Tex"
Bolle n. 7, ottobre 1992, Poplite Fumetto Vol. II n. 1, Nasce l'Archivio Poplite
Schizzo n. 1, ottobre 1992, Poplite Fumetto Vol. II n. 2, Fumetti e biblioteche
Schizzo n. 2, febbraio 1993, Poplite Fumetto Vol. II n. 3, Educare alla lettura dei fumetti
Schizzo n. 3, maggio 1993, Poplite Fumetto Vol. II n. 4, Il fumetto è arte?
Schizzo n. 3, maggio 1993, Poplite Fumetto Vol. II n. 5, Spunto per ricreare la critica fumettistica
Schizzo n. 5, ottobre 1993, Poplite Fumetto Vol. II n. 6, Dei delitti e delle pene
Schizzo n. 7, giugno 1994, Poplite Fumetto Vol. II n. 7, Cento e non più cento
Schizzo n. 8, ottobre 1994, Poplite Fumetto Vol. II n. 9, Il punto esclamativo
In quel periodo tutto ciò rappresentava la sintesi dell'eterno conflitto tra la voglia di scrivere articoli sui fumetti e la consapevolezza dei miei limiti.
Fumo di China n. 5/6, luglio/ottobre 1990, Poplite Fumetti n. 0, presentazione
Fumo di China n. 8, gennaio 1991, Poplite Fumetti n. 5, Comunicato stampa mostra "Gian Luigi Bonelli dal romanzo a Tex"
Bolle n. 7, ottobre 1992, Poplite Fumetto Vol. II n. 1, Nasce l'Archivio Poplite
Schizzo n. 1, ottobre 1992, Poplite Fumetto Vol. II n. 2, Fumetti e biblioteche
Schizzo n. 2, febbraio 1993, Poplite Fumetto Vol. II n. 3, Educare alla lettura dei fumetti
Schizzo n. 3, maggio 1993, Poplite Fumetto Vol. II n. 4, Il fumetto è arte?
Schizzo n. 3, maggio 1993, Poplite Fumetto Vol. II n. 5, Spunto per ricreare la critica fumettistica
Schizzo n. 5, ottobre 1993, Poplite Fumetto Vol. II n. 6, Dei delitti e delle pene
Schizzo n. 7, giugno 1994, Poplite Fumetto Vol. II n. 7, Cento e non più cento
Schizzo n. 8, ottobre 1994, Poplite Fumetto Vol. II n. 9, Il punto esclamativo
In quel periodo tutto ciò rappresentava la sintesi dell'eterno conflitto tra la voglia di scrivere articoli sui fumetti e la consapevolezza dei miei limiti.
Ultime letture: Cinquemila chilometri al secondo
La fama di questo libro ed i premi vinti sono ampiamenti meritati. Semplice e bella la storia, ottimo il modo in cui viene raccontata, straordinario l'uso del colore che diventa parte preponderante del disegno. Il ritmo è velocissimo, forse troppo, ma del resto anche il lettore deve fare la sua parte e rallentare per godersi le atmosfere che rappresentano la vera forza di questo libro.
Ultime letture: Last man vol. 1
Un manga francese o bande dessinée in stile giapponese, 200 pagine (di cui le prime 9 a colori) che si leggono tutte d'un fiato. Storia di arti marziali e sentimenti, disegno essenziale con volti molto espressivi; nessun riferimento a luogo e tempo; tratto delicato con linee sottili, stile grottesco con qualche linea cinetica in alcune scene di combattimento. Una miscela veramente ben riuscita, un libro piacevole da leggere.
sabato 15 febbraio 2014
Ultime letture: Historica n. 13
Piuma al vento è una godibile saga che pecca soltanto nell'ultimo volume, dove troviamo un salto temporale improvviso che fa pensare ad un progetto abortito di un quinto volume. Per il resto la lettura scorre piacevole e veloce con molti personaggi che recitano ruoli ben definiti.
venerdì 14 febbraio 2014
Ultime letture: Historica n. 12
Gli scudi di Marte si svolge in un affascinante affresco storico dell'antica Roma ed è strutturato come un giallo con tanto di rivelazione nell'ultima pagina. Il disegno rende bene le atmosfere ed il ritmo procede abbastanza. Nel complesso una lettura molto piacevole.
lunedì 10 febbraio 2014
Ultime letture: Historica n. 9
Ultimi tre episodi della saga "Le sette vite dello sparviero" in cui, abbandonati i toni leggeri della prima parte, si fa strada un'atmosfera sempre più cupa in un crescendo tragico fino al dramma finale. La lettura resta sempre piacevole con un ritmo veloce.
domenica 9 febbraio 2014
Ultime letture: Castro
Non sono in grado di valutare quanto fedele alla realtà sia il libro di Reinhard Kleist; è un buon fumetto che riesce a mantenere un ritmo di lettura apprezzabile pur narrando una biografia non certo facile. È molto triste, dall'inizio alla fine, e estremamente interessante; un vero libro di storia.
sabato 8 febbraio 2014
Ultime letture: Il dottor Oss
Un mio coetaneo ha detto che questo è un libro per noi vecchi. Non so se è effettivamente un fatto generazionale ma certamente non si tratta di nostalgia. Non ho mai letto il Corriere dei Piccoli e non avrei avuto l'età per farlo nel periodo in cui veniva pubblicato il Dottor Oss, dal 1964 al 1969. Non è un fumetto, sono racconti (il primo tratto da un romanzo breve di Jules Verne) scritti da Mino Milani con le splendide illustrazioni di Grazia Nidasio. L'impaginazione prevede sei quadretti per pagina con altrettanti paragrafetti in calce. La lettura è piacevole e le immagini sono una vera delizia per gli occhi.
domenica 2 febbraio 2014
Ultime letture: Cento candeline CGIL
Per il centenario della CGIL Sergio Staino realizza questa favola con 51 disegni a tutta pagina accompagnati da strofette a rima baciata. Lo scopo è spiegare ad un bambino che cos'è un sindacato e lo fa partendo dal lavoro minorile. Prima parlano gli oggetti nella cameretta di Dodo, il protagonista, poi al mattino interviene il papà. Veramente un bel libro per tutti i bambini.
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